martedì 5 luglio 2011

Laura Accerboni - "Attorno a ciò che non è stato"

Laura Accerboni, Attorno a ciò che non è stato Venezia, Edizioni del Leone, 2010, pagg. 48, € 6,50


Einmal ist Keinmal ovvero una cosa che accade una sola volta è come se non fosse mai accaduta: così sembra suggerire Attorno a ciò che non è stato (Venezia, Edizioni del Leone, 2010), il libro d’esordio della genovese Laura Accerboni, classe 1985.
Non mi sembra di citare a sproposito Milan Kundera e la teoria dell’insostenibilità della vita che procede in linea retta, laddove la felicità sembra provenire soltanto da una ripetizione continua e “pesante” e prevedibile degli eventi.
Pensate ad una consapevolezza di quella linea retta e alla ripetizione precisa di fatti, esistenze e dati corporei, senza che tutto ciò si traduca in quella felicità succitata: è il lavoro dell’Accerboni e il miracolo di una poesia che dice il non detto, ricrea il non creato e ragiona sul non accaduto mantenendosi sempre fedele a sé stessa, lontana da falsi moralismi, scevra di consigli e soluzioni.
Com’è possibile? Così è perché Laura cammina la poesia da una vita – la sua – col coraggio e una lingua libera di dire, senza risparmiarsi e senza lasciarsi dietro e attorno scappatoie di sorta o porte segrete nelle quali cercare la fuga quando il gioco – o il confronto – si fa duro.
La costruzione di ciò che non è [stato], è possibile in poesia mettendo a fuoco le questioni, tentando fino all’inverosimile. L’Accerboni parla per sé e per gli altri scendendo “come si può / in ruoli non certi” (p.9), mettendo sì una rete a protezione perché dotata di un’intelligenza severa che le fa considerare il fallimento ma – di fatto – con la consapevolezza di dover dire, doverlo al mondo, apportare il proprio contributo di fruitore della parola, di poeta. In termini positivi, Laura lavora con abnegazione e sa che difficilmente i suoi concetti possono fallire, perché ci mette spalle al muro e sotto gli occhi le cose che non facciamo, rimandiamo e dunque perdiamo per sempre.
E così pone in essere il suo intervento vestendosi come la gente, tipi riconoscibili, esemplari-campioni dell’umanità. Prende i panni di moglie e marito, uomo e donna, vivo e morto svelando – anche – le regole del gioco (“a mia moglie / il bianco lucido / della casa” p.10; “io sto / come sospeso / io sono / vestito di tutto” p.20; “Sono / la segretaria / che non registra, / la cameriera / che ti riempie le ore / di niente. / Sono la badante / che disprezzi / e non occorre, / sono il pronto soccorso / di tutti i sani / e l’attesa / di tutti i santi. / Sono / la donna delle pulizie / che ti ruba lo sporco, / sono la cassiera / che ti fa credito / solo se non compri, / sono il rifugio / di tutte le case / e la consolazione / delle migliori acquirenti.” p.21). Elio Grasso, in prefazione, parla di un “sovvertimento” del poeta e forse il fuoco del discorso di Attorno a ciò che non è stato è tutto lì, nell’atto di eversione che segue dal lavoro di premessa fatto da Laura. Ci sono corpi e fossi e nomi e volti tutti ricorrenti e tutti indispensabili: sono la premessa. E poi c’è il centro, il nocciolo duro: dirsi inesistente e così darsi vita da sé stessa, generarsi con potenza, guardare in faccia la vita, non aver paura della morte perché siamo “già vivi in vita” (p. 37).
“Dovevamo stare più attenti” (p.13) a far sì che tutto accadesse, che tutto assomigliasse a ciò che sarebbe stato. Qualcosa non è avvenuto per disattenzione ma questo, tutto questo, è premessa. Laura ha in sé, invece, il germe della possibilità, la libertà delle forme, la natura della decisione e del compimento. In effetti sembra che si stia “aspettando / il giorno a venire” (p.42) facendo pulizia ben bene delle ombre, simulacri, immaginazioni (“non dovrà rimanere / troppo a lungo / ciò che mai è stato” p.42). Siamo tutti sospesi a un tacito evento, scriveva Sereni, e forse l’evento di Laura Accerboni è occupare e rivendicare un posto in mezzo alla “plastica di corpi” (p.14), la “parola d’altri” (p.22) proponendosi di costruire da capo e con la parola poetica ciò che non è ancora stato perché “È una vita / che il mattino / si sorprende / di prenderci / sempre / alle spalle” (p.26).

anna ruotolo


***
Si sale come per caso
sospesi e credibili
in tutte le parti.
O forse
si scende
come si può
in ruoli non certi.
O ancora
semplicemente
si rimane
in attesa
di migliori spiegazioni.



Sono finite
le gocce
e i calmanti,
finite le analisi del cranio
e la misura del ventre.
Dovevamo stare più attenti
coprire il volto
fino al mento
che fuori fa freddo
e coprire,
coprire tutta la stanza
e tenerci in movimento.



Senza treni
ad aspettarmi,
mi dico
che questa gente
è solo riflesso
dell’orario stabilito.
Sarà perché non ho nulla
di cui lamentarmi,
nulla,
neanche di questo vuoto
che a fatica
si ingoia
e mi rigetta
intera e senza aspetto.



Sono
la segretaria
che non registra,
la cameriera
che ti riempie le ore
di niente.
Sono la badante
che disprezzi
e non occorre,
sono il pronto soccorso
di tutti i sani
e l’attesa
di tutti i santi.
Sono
la donna delle pulizie
che ti ruba lo sporco,
sono la cassiera
che ti fa credito
solo se non compri,
sono il rifugio
di tutte le case
e la consolazione
delle migliori acquirenti.



In questa stanza
di mani rigide
pronte alla stretta
so che non sarà
il mio volto
a esser scelto:
è il calcolo programmato dei nomi
la distinzione netta
tra chi può sedere sicuro
e chi dovrà alzarsi
prima del tempo.



Lo avevano detto
che non si vive
per sempre,
ci avevano avvertiti
nell’unico linguaggio
che cura la vita.
Non possiamo appellarci
a niente,
neanche al veleno
che si ingurgita
di giorno
per addormentare
i bambini.
O forse
malati di altra malattia
potremmo chiedere
un rinvio,
un prestito,
per abituarci all’idea
che di morte non si muore
se non in vita.



Sono nubi scure
a fermarsi
davanti al volto
così mi preparo
a piovere
e batto
batto sul tavolo
di casa
e tutto intorno.


Dalla prefazione di Elio Grasso:[...] A capofitto nel motivo conduttore dei corpi, perfino dentro il loro rovescio, Laura esercita i livelli della sua percezione, precisandone in ogni pagina precipizi, anomalie e ogni specie di antiche battaglie. E’ soprattutto il desiderio di entrare e muoversi dentro il riflesso del mondo (quello che ci fa sentire soli in una stazione prima dell’arrivo di un treno qualsiasi) a orientare tutta questa poesia, facendone questione d’esperienza primaria. E nel riflesso del mondo appaiono ancora più vere le misure degli uomini e delle donne, con i loro ventri e le loro passioni, i loro figli e ogni cosa sintonizzata con la meditazione di Laura: ora cordiale, ora perentoria come se non esistesse alternativa ai ruoli che ci rivela. [...]




Laura Accerboni è nata il 7/5/1985 a Genova, si è diplomata nel 2003 presso il Liceo Ginnasio Statale Andrea D’Oria di Genova. E’ iscritta a Lettere Moderne all’Università di Genova. Sue poesie sono state pubblicate su diverse riviste tra le quali Italian Poetry Rewiew, Poesia Crocetti Editore, sullo Specchio della Stampa. Ha conseguito diversi premi letterari tra i quali: Lerici Pea giovani 1996; Premio Letterario Internazionale Maestrale San Marco 1999, 1° premio sezione giovani; Premio Letterario Nazionale il Molinello 2000, 1° premio per le scuole superiori; Premio Internazionale di Poesia Città di Monza 2000, 1° premio sezione giovani; Città di Castello Artea Premio Nazionale 2002/2003, 1° premio poesia sezione scuole; Concorso Letterario Internazionale “Città di Ancona” 2004, 1° premio Sezione studenti; Concorso Gemine Muse 2005 Cremona 1° classificata sezione poesia; Concorso CercaTalenti 2006 Genova, 1° classificata sezione poesia; Concorso Nazionale organizzato dalla Provincia di Pisa“Giovani TalentiCercasi” 2009 1°premio Sezione Poesia. Dal 2006 collabora alla manifestazione “Percorsi Poetici” inserita nell’ambito del Festival Internazionale di Poesia di Genova.

Articolo già pubblicato in "Giovin/astri di Kolibris"

5 commenti:

  1. Grazie di cuore Anna!!
    E grazie Fede :)
    Un abbraccio forte!
    Laura

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  2. brava, Fede :-D

    Un abbraccio a tutte e due,
    anna

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  3. mi piace molto, anche se fa male. attualissima.

    K.

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  4. "attuale" è un bel dire, per questa poesia. Laura ne sarà contenta.
    Grazie del passaggio.

    anna

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