martedì 15 febbraio 2011

Elio Grasso - "Dove tutto è gennaio"

Quant'è bello questo verso: "dove tutto è gennaio"? È un verso-immagine immortale tenuto fuori da ogni tempo, da ogni costanza di fare e disfare i nostri piani, da ogni luogo troppo preciso e troppo stringente. Elio Grasso scrive e mette a segno una meravigliosa "doppietta", stampata e mandata in circolo da M.me Webb che crea cartoncini elegantissimi e per pochi intimi (c'è anche un sito: http://www.mmewebb.com/). Scrive di un "tempo scaduto", un "tempo piombato" che "vive altrove nel sangue" e lo fa con la forza del mondo (letti, bazar, cani e morsi, docce, vulcano e pietre marine), con le possibilità di chi ha camminato e cammina la poesia ma, poi, molto altro ancora. E, dopo, c'è anche il sogno inventato, la pausa finale, gelida come l'inverno - che cura e inganna - "per analfabeti dell'amore per l'ultima vita".

Non è una poesia, quella di Grasso, che ha bisogno di lunghe introduzioni e specificazioni, anzi, scivola via da ogni contesto che costringe e tenta le massime verità. Quando ho chiesto ad Elio un contributo autocritico mi ha risposto se avesse potuto, piuttosto, inviarmi dell'altro. Nella sua lungimiranza e non tradendo le mie aspettative, mi ha mandato uno splendido scritto del quasi dimenticato Corrado Costa - poeta emiliano militante nel Gruppo 63, disegnatore, grafico ed autore per il teatro - tratto da un intervento pubblicato in "Tam Tam" 3/4, 1973.
E non c'è poi tanto altro da aggiungere.

a.r.




Sembra che non ci sia nessun’altra possibilità per parlare (in poesia), che parlare per mezzo di qualcosa che somiglia alle immagini. L’immagine degli imagisti (sensuale) l’immagine dei surrealisti (artificiale) la ‘deep image’, ora, che si basa sulla percezione come strumento di visione. I poeti si costruiscono una coscienza basata sui cinque sensi, tesi fino ai limiti di rottura della percezione. Non ci sono indicazioni di oggetti, c’è solamente la costruzione dell’immagine e l’immagine non è mai sola. Essa è tutto ciò che c’è sopra sotto a destra a sinistra dell’immagine.

A chi mi chiedesse che dimensioni ci sono sopra sotto a destra a sinistra del territorio dell’immagine, risponderei una poesia-schermo, che mette in primo piano l’immagine, e più l’immagine viene avanti, più si spalanca territorio alle sue spalle (un fotogramma di Eisenstein o, ancora meno, di un film western). Si capisce così che il poeta ha più cose da dire di quante non ne stia raccontando. Per raccontare servono termini di riferimento, i termini di riferimento sono le immagini, ma le immagini sono in contraddizione con il loro territorio che è un territorio troppo vasto da occupare (le teorie di Fludd). Dire tutto quello che è possibile attorno all’immagine e poi nasconderla, buttarla via. Tutto quello che rimane dopo averla buttata via, è la poesia.


Corrado Costa


Elio Grasso è nato a Genova nel 1951. Poeta, critico, ha pubblicato le raccolte Avvicinamenti (Ripostes, 1983), L'angelo delle distanze (Edizioni del Laboratorio, 1990), Nel soffio della terra (Guardamagna, 1993), La soglia a te nota (Book Editore, 1997), L’acqua del tempo (Caramanica, 2001), Tre capitoli di fedeltà (Campanotto, 2004); il libro di poesia e prosa La prima cenere/Conservatori del mare (Edizioni del Laboratorio, 1994); le plaquettes L'alleanza della neve (Laghi di Plitvice, 1996), Un mattino da esodo (Dialogolibri, 2001), Sei studi e una stazione (signum edizioni d’arte, 2003). Ha vinto nel 1988 il Premio Internazionale E. Montale con la silloge Il naturale senso delle cose (nell’antologia di Vanni Scheiwiller "All'insegna del pesce d'oro", Milano 1989). Ha tradotto i Four Quartets di T.S. Eliot (Palomar, 2000) e curato una breve scelta dallo "Zibaldone" di G. Leopardi, Un solido nulla (Pirella 1992). È redattore di “Capoverso” e “Niebo, collezione di poesia contemporanea”. È stato tradotto in inglese da E. Di Pasquale e in francese da J.-B. Para. In uscita, per Effigie, il lungo racconto Il cibo dei venti.