mercoledì 1 giugno 2011

"Settembre", una poesia di Pietro Federico



Settembre

I nostri nomi ci consumano.
Dopo il battesimo ha più senso guardarci in silenzio
chiamarci per nome con voce sottile,
ma dove c’è un inizio c’è anche una fine.
Se l’erba non fosse che luce
indurita, ma flessibile, in pace
piegata alla voce del vento,
se fosse per noi dove si corre
o dove correvamo, il verde
che si aggrappa all’estate
in un prato quasi spento
dove l’ombra degli alberi si allunga e si disperde
e l’onda del sole si dimentica
le campane, il grano,
di avere in sé il cuore dorato
di ogni domenica.
Se erba non fosse parola o pensiero, ma un nome
allora correrei nel velo e nel chiarore
che si alza dal suo respiro,
ti lascerei riposare in silenzio, scalza,
nel dolore senz’affanno e senza colpa,
nella stanza dove su di te regnano i libri e la mia felpa,
in un addio chiamato speranza.


Pietro Federico vive a Milano e frequenta un Master di scrittura e produzione per la fiction e il cinema presso l’Università Cattolica. Si è laureato in Lettere con una tesi intitolata “Distanza e Visione – L’immagine nella poetica di T.S. Eliot e in quella di Giuseppe Ungaretti”.
Ha tradotto opere come “Tutto sembra indicare” del poeta spagnolo Jordi Virallonga, il poemetto “L’inconcevable” del poeta francese Jean-Baptiste Para, “La superstizione del divorzio” dell’autore inglese G.K. Chesterton e “La ballata del carcere di Reading” di Oscar Wilde.
Ha pubblicato una raccolta di poesie intitolata “Non nulla” nel 2003 presso la casa editrice Ibiskos di Empoli, un’altra intitolata “Alto il desiderio” presso la casa editrice Fara di Rimini in un’antologia intitolata “La coda della galassia”.
È direttore editoriale del progetto Dromos – concorso nazionale di traduzione letteraria per studenti universitari (www.concorsodromos.wordpress.com) presso Raffaelli Editore e membro al direttivo del Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna.

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